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Cina

Mentre scrivo queste righe, la Cina è uno dei peggiori nemici, almeno a livello economico, spettro di operai in industrie tessili, calzaturiere, ma anche di tecnologia come telefoni e TV. Non certo di turismo, men che meno come meta fascinosa ed intrigante.

In tempi non sospetti, od almeno non sospetti nella grande maggioranza ma già chiari nella mente di quelli più lungimiranti, mi dicesi ad andarci. I motivi erano diversi: era un mio sogno da anni, ma per un motivo o per l'altro, avevo optato per altre mete.

Prima del 1981 la Cina non era solo lontana geograficamente, ma anche politicamente. Molto difficile entrarci, ed anche più difficile rimanerci. E del resto allora era troppo giovane per un viaggio del genere. Nei primi anni novanta, l'età c'era, ma non lo spirito: stiamo parlando di uno stato con forti ristrettezze economiche e vasti problemi di libertà personale. Un piccolo aneddoto illuminante: dovevo risolvere un problema di lavoro in Cina a metà anni novanta, e non potevo usare il telefono, dato che per uno straniero era impossibile telefonare anche per lavoro, ad un cinese! Ed era vietato pure il contrario (per i curiosi, mi sono messo in contatto con lui con un mezzo ora comunissimo: la chat).

Ora i tempi erano più che maturi, e se non mi sbrigavo, avrei visto una cina ancora più industriale e "civile" di adesso. Decisi quindi in fretta di andarci, non senza qualche problema dato che non era ancora di moda andare in Cina. Ed anche con qualche timore, visto che un conto è conoscere la cultura millenaria, un'altro sapersi muovere, come avrei sperimentato in loco.

Uno dei miei timori era banale, ma decisamente indicativo delle siderali distanze culturali: mangiare. Non quello che si mangia, ma come si mangia. Decisi di portare delle posate di plastica in caso di crisi di nervi con le bacchette. L'altro naturalmente era la lingua. No, non ho studiato la lingua cinese, anche se mi piacerebbe. Intendo, qualsiasi mezzo per farmi capire, noi italiani siamo bravi a gesti...ma per il cinese anche questi sono diversi, e la gallina cinese non fa chi-chi-ri-chi...

Quel poco di storia che serve

Negli ultimi trenta anni la Cina ha subito una radicale trasformazione culturale. La civiltà millenaria, fino a mille anni fa un vero faro culturale e tecnologico del mondo, ha subíto una stagnazione o lentissimo progresso che ne ha radicalizzato le discriminazioni sociali. Se tenete presente la Rivoluzione Francese, e la mitica frase "Il popolo ha fame? Dategli le brioches", moltiplicato per cento ha inevitabilmente determinato una enorme forza distruttiva. Che puntualmente si è accanita sui simboli del potere, e quindi anche sui monumenti. Se si pensa alla magnificenza di quello che è rimasto, si può intuire cosa abbiamo perso. La Rivoluzione Culturale non ha rivoluzionato solo la cultura, ma anche il paesaggio, le persone, le città tanto quanto lo vediamo oggi nei moderni centri commerciali di Shangai.
La rivoluzione Culturale ha sostanzialmente nuclearizzato la cultura tradizionale, anche se questa ultimamente si sta riappriopriando di alcuni spazi. Da un certo punto di vista, questa particolarità si sta rivelando un vantaggio: come gi USA, la Cina priva di un fardello di codici morali e culturali è in grado di liberare tutta la sua forza, senza freni se non quelli che si impone.

Cominciano le difficoltà

Arrivati a Beijing (Pechino è un nome puramente occidentale), la prima cosa che si nota è l'inquinamento. L'aria, anche per me abituato a Milano, è densa ed appiccicosa, e ha un sapore non solo di umido. Il traffico automobilistico è elevato, e mi ricordo quando nei primi anni '80 vidi un documentario sulla Cina dove tutti andavano in bicicletta, vestivano tutti uguali in tutine verdi o blu, e le poche auto presenti erano di funzionari di partito.
Oggi tutti vestono come gli occidentali, o meglio, come pensano che gli occidentali si vestano giudicando dalla televisione. Di biciclette ce ne sono ancora diverse secondo gli standard occidentali, ma le macchine sono aumentate moltissimo, e dato che l'auto è una cosa nuova, i cinesi guidano malissimo e gli incidenti sono all'ordine del giorno. Basta poco tempo per comprare una macchina, ma ne occorre di più per utilizzarla. I pedoni devono stare attenti! Paradossalmente la categoria più vilipesa è proprio quella dei ciclisti. Ad un incrocio di Beijing ho visto una scena illuminante: ciclista passato col verde, automobilista col giallo, ciclista investito dall'automobilista. L'onnipresente polizia è accorsa subito, e con mio stupore ha redarguito il ciclista. Motivo? Non perché avesse la colpa dell'indidente, ma perché non si rialzava ed ostruiva il traffico! Non bisogna fermare la tigre cinese.

Consiglio fortemente a chi va in Cina di munirsi di una guida che elenchi non solo i nomi dei posti traslitterati in lingua occidentale, ma anche in ideogrammi cinesi. Infatti la pronuncia cinese è assai diversa da quella che il traslitterato farebbe intuire, ed i taxisti tipicamente non la capiscono. Facendo vedere gli ideogrammi stampati invece fuga ogni dubbio e possibile fraintedimento. Per lo stesso motivo sempre prendere i biglietti da visita degli alberghi da mostrare ai taxisti al ritorno!